Codacons contro il governo: vuole aumentare le tariffe telefoniche
Le compagnie telefoniche potranno aumentare liberamente le loro tariffe ogni anno in base all’andamento dell’inflazione. Anzi no: anche di più. E, come se non bastasse, senza che questo diventi un motivo valido per chiedere la rescissione del contratto senza pagare le penali per la chiusura anticipata.
In pratica, il Governo – o meglio, tre senatori di Forza Italia – hanno firmato un emendamento che sembra un vero e proprio regalo alle compagnie telefoniche, quelle stesse che ogni anno trovano nuovi modi per farci pagare di più. Perché, poverine, loro sì che hanno bisogno di soldi. L’inflazione le colpisce duramente, e dunque perché non aiutarle un po’? Magari regalando loro qualche milione in più, tanto a pagare siamo sempre noi. E se poi c’è chi vive con meno di mille euro al mese… beh, pazienza: i veri martiri, a quanto pare, sono le compagnie telefoniche.

Sembra una barzelletta, ma nel DDL Concorrenza si discuterà anche di questo: tre senatori azzurri vogliono che nei contratti sia inserita una clausola di adeguamento automatico dei prezzi all’inflazione. E qui arriva la beffa: tale aumento non verrebbe nemmeno considerato una modifica delle condizioni contrattuali, quindi non darebbe diritto neanche al recesso gratuito.
Tradotto: oltre al danno di vedere le nostre bollette telefoniche aumentare ogni anno — magari anche più del tasso reale di inflazione — non potremo nemmeno protestare e disdire il contratto senza penali. Perché, se questa proposta diventerà legge, le compagnie telefoniche potranno tornare a fare ciò che vogliono, senza la minima paura di perdere clienti stufi dei loro aumenti continui.
Il disegno di legge sulla concorrenza
Tutto parte da qui, dal disegno di legge annuale sulla concorrenza, che in questi giorni è all’esame del Senato. In teoria dovrebbe servire a tutelare il mercato e i consumatori, ma dentro ci stanno infilando emendamenti che rischiano di svuotare le nostre tasche e toccare anche la nostra privacy.
Uno in particolare, presentato a fine settembre da tre senatori di Forza Italia, è quello che fa più discutere. La loro idea è semplice, anzi semplicissima: permettere alle compagnie telefoniche di agganciare automaticamente le tariffe all’andamento dell’inflazione. In pratica, ogni anno gli operatori potrebbero alzare i prezzi in base a quanto cresce il costo della vita, ma anche aggiungendo un piccolo extra deciso da loro. E non pensare che si tratti di una misura simbolica: la commissione Industria deve discutere la cosa in tempi rapidissimi, con l’obiettivo di portare il testo in Aula entro giovedì e poi alla Camera, per l’approvazione definitiva entro il 31 dicembre, così da rientrare nei termini fissati dal PNRR.
Quindi sì, è tutto pronto per correre. Ma a correre, stavolta, non sarà lo sviluppo o la concorrenza: a correre saranno le nostre bollette.
Cosa prevede l’emendamento
L’emendamento incriminato tradotto dal burocratese, dice questo: i contratti con gli operatori di telefonia potranno prevedere una clausola di adeguamento automatico dei prezzi. Significa che le tariffe potranno aumentare ogni anno in misura pari all’aumento dell’indice dei prezzi al consumo, più un margine extra stabilito dallo stesso operatore e comunicato al cliente prima della firma. L’adeguamento potrà avvenire una sola volta all’anno e resterà valido per i successivi dodici mesi. L’unico limite, almeno sulla carta, sarebbe un tetto massimo fissato dall’Agcom, ma di fatto gli operatori dovranno solo avvisarci con due mesi di anticipo prima di farci pagare di più.
In apparenza sembra tutto regolare, ma il vero problema arriva adesso.
Il punto più pericoloso
Nella proposta c’è scritto nero su bianco che l’adeguamento non costituisce una modifica delle condizioni contrattuali. E questo è devastante. Significa che, anche se ti alzano la tariffa, non potrai più recedere gratuitamente dal contratto come accade oggi. Se vuoi andartene, devi comunque pagare penali, restituire sconti e saldare rate ancora in corso. In pratica ti legano mani e piedi.
Questa mossa cancellerebbe tutto ciò che l’Agcom aveva chiarito nel 2023 dopo le denunce delle associazioni dei consumatori. Allora, l’Autorità aveva stabilito che qualsiasi variazione di prezzo, anche se dovuta all’inflazione, costituisce una modifica contrattuale e dà diritto al recesso gratuito.
Una decisione che aveva messo un freno alle compagnie, costringendole a sospendere le clausole di indicizzazione. Ora, invece, si vuole tornare indietro: con questo emendamento, le aziende avrebbero di nuovo il potere di aumentare i prezzi come vogliono e noi non potremmo fare nulla per difenderci.
Insomma, un colpo di spugna su diritti conquistati con fatica, e una porta spalancata ai soliti abusi.
Le altre proposte in ballo
Sul tavolo c’è anche un secondo emendamento, firmato da alcuni senatori del Movimento 5 Stelle –– che propone invece l’esatto contrario: vietare del tutto le offerte legate all’inflazione e qualunque forma di rimodulazione automatica. Ma, come sempre, l’impressione è che la voce dei consumatori conti meno di quella delle grandi aziende. E non è finita qui.
Ci sono anche altri emendamenti, firmati da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Italia Viva, che puntano a superare il divieto di usare a fini commerciali i dati sul cambio di operatore.
In parole povere, le compagnie potrebbero accedere alle informazioni dei clienti che cambiano gestore e usarle per fare offerte mirate, basta che l’utente dia il consenso. Ma sappiamo tutti come funziona: quei consensi spesso vengono nascosti in mezzo alle clausole che nessuno legge, e così la nostra privacy diventa un’altra merce da scambiare.
Una vergogna tutta italiana
E alla fine torniamo sempre lì. In mezzo a un mare di leggi e decreti, spunta l’emendamento che nessuno nota ma che finisce per colpire proprio chi non può difendersi. Anche stavolta, dentro un DDL che dovrebbe garantire la concorrenza e la libertà del mercato, ci infilano norme che aiutano i soliti noti. E guarda caso, proprio quei “poveracci” delle compagnie telefoniche, che secondo qualcuno sarebbero alla canna del gas, e che potrebbero ricevere l’ennesima spintarella per “sopravvivere”. (manco ne avessero bisogno)
Una vergogna, perché invece di pensare a come alleggerire la vita di chi davvero fa fatica, di chi deve scegliere se pagare la bolletta o la spesa, in Parlamento si trovano il tempo e la voglia di scrivere emendamenti per chi ha già tutto. C’è chi pensa alle banche, chi ai colossi dell’energia, chi alle multinazionali e ora pure a chi ci fa pagare il telefono. Ma a nessuno sembra importare di noi, di chi quei servizi li paga ogni mese e deve pure stare zitto se aumentano.
È sempre la stessa storia: loro si riempiono la pancia, e noi restiamo a guardare il conto che sale, con la sensazione di essere presi in giro.

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